A proposito dei volontari che tornano dall’Italia e prestano servizio – in prima persona

Gintaras Markevicius

Un filologo, tiratore volontario, che accoglie all’aeroporto di Carmelava chi rientra dal nord Italia

Le persone tornano dall’Italia preoccupate – dalla loro evidente sensazione di benessere si può giudicare anche dall’istruzione: giovani famiglie con bambini, che tornano dopo aver sciato, avendo già preso cura delle maschere, ascoltano molto seriamente le raccomandazioni, compilano i questionari in modo responsabile e obblighi di rispettare la quarantena di 14 giorni, in sostanza si chiedono.

E il proletario “gonfio”, prima che l’effetto dell’alcol fosse evaporato (non ne sentivamo l’odore – dopotutto portiamo i respiratori), spaventa il governo lituano, che salterà, non intende compilare il questionario, che avrebbe già completato online. È positivo che un uomo simile possa essere convinto dagli sforzi dei tiratori volontari e dall’astuzia femminile del personale del Centro nazionale di sanità pubblica (NVSC) (qui aiuta l’appello di sua figlia, il cui succo è: ” Dai, riempilo su e portalo a casa!”), ma è una perdita di tempo, gli altri passeggeri sono nervosi e tu non vuoi trovarti in un ambiente pericoloso. In tali situazioni si rivela il carattere delle persone: viziate dal conforto e dalla sicurezza della vita, si comportano in modo pretenzioso, mentre le personalità indipendenti si rendono conto dell’importanza e del pericolo del problema. Penso che questa donna, rientrata lunedì da Verona con il volo per Bologna, abbia compilato il questionario in modo molto responsabile, si sia preoccupata di scrivere che deve essere incapace e abbia seguito responsabilmente le indicazioni di quarantena (in realtà ho sentito che è medico, quindi non c’è bisogno di essere sorpresi), quindi non ha infettato più persone. È stato spiacevole sentire un’altra donna dire che “camminerebbe dove c’è bisogno di lei”.

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Edda Padovesi

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