In questo plebiscito si deciderà se il numero dei membri del Senato e i loro poteri saranno ridotti, e se alcuni poteri delle autorità regionali saranno trasferiti al governo nazionale.
Renzi sostiene che un simile accordo porterebbe a una governance molto più efficace del Paese, che è già stato governato da 60 governi diversi dall’adozione della Costituzione nel 1948. Il primo ministro ha promesso di dimettersi se i cittadini respingono le sue proposte.
È quasi certo che alcuni elettori disillusi voteranno contro le riforme per protestare contro il primo ministro o contro anni di stagnazione economica.
Inoltre, queste proposte del Primo Ministro sono criticate anche dagli oppositori politici, i quali ritengono che queste riforme non siano sufficientemente pensate e potrebbero aprire la porta a un governo autoritario, che la Costituzione non dovrebbe consentire.
Politicamente ed economicamente la posta in gioco è alta.
Renzi è convinto che indebolendo i poteri del Senato non si potrà più bloccare o ritardare in Parlamento l’adozione di leggi complesse ma necessarie. Inoltre ogni anno verranno risparmiati circa 500 milioni. Spese operative in euro.
“Se vuoi porre fine ai privilegi della casta politica più costosa del mondo, devi votare sì”, ha detto venerdì il Primo Ministro.
Gli oppositori, dal canto loro, sostengono che i risparmi saranno notevolmente inferiori e che il problema delle leggi bloccate è esagerato. Dicono che Renzi non si sia preoccupato l’anno scorso quando ha presentato al Parlamento il controverso Codice del Lavoro.
L’opposizione alle riforme proposte dal referendum potrebbe avvantaggiare il comico Beppe Grillo e il fondatore del suo movimento di protesta populista M5S (M5S), poiché un tale risultato fornirebbe loro un trampolino di lancio verso il potere a livello nazionale. Questo scenario andrebbe a vantaggio anche di Matteo Salvini, il leader della Lega Nord anti-immigrazione.
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